Cronache dall' "Oltre"


THE MISSING SODDER CHILDREN

1945. Vigilia di Natale. Fayetteville, West Virginia, Stati Uniti.

Casa Sodder

1.
« George, caro, puoi controllare un secondo la cena in cucina, mentre io do un'occhiata a cosa stanno combinando i ragazzi con i preparativi della sala da pranzo. »
« Certo, DOLCEZZA! » Il Marito le parlò in italiano, scandendo lentamente ogni sillaba di quella frase, con quel suo autentico accento del sud. Jennie adorava quando il marito le dedicava complimenti nella loro lingua materna. Nonostante gli anni passati insieme e la nascita dei loro 10 figli, la passione era ancora presente nella loro vita famigliare.
Jennie gli passò vicino appositamente per ricevere quello schiaffetto sul sedere che sapeva avrebbe ricevuto dal marito, « Giorgio!» La sua voce contrariata e maliziosa concluse quel gioco di ruoli, lasciando i due sposi alle reciproche preoccupazioni casalinghe, ancora inconsapevoli di quello che sarebbe successo.
Poche ore ancora li separava da ciò che avrebbe tormentato la loro vita fino all’ultimo dei loro respiri.



2.
« Ragazzi a tavola è pronto! »
La grande tavola era stata ricoperta da ogni tipo di leccornia immaginabile, gli undici piatti bianchi risaltavano tra i tanti colori che li circondavano.
« Undici piatti George, odio i numeri dispari. »
« Lo so, cara, ma Joe ormai è grande, non devi più preoccuparti per lui, se la caverà come ha sempre fatto. Uno a uno se ne andranno tutti primo o poi di casa. È la vita, se non fosse così, allora sì che dovremmo preoccuparci », guardò la moglie dritto negli occhi, cercando di prenderle le mani, lei si ritrasse e abbassò lo sguardo.
« Una madre non smetterà mai di preoccuparsi per i suoi figli. MAI. C’è solo una cosa che può mettere fine a questo tipo di preoccupazioni »
« Cosa? »
« La mia Morte! »
« JENNIE!!!»
Questa volta George riuscì ad afferrarle le mani e a stringerle tra le sue.
« Cara allora preoccupati pure fin quanto vuoi! », lei sorrise e rialzò lo sguardo sulla tavola, poi la porta dell’ingresso si aprì e si richiuse.
« Mamma, Papà, sono arrivata! C’è rimasto ancora qualcosa per me? »
« Marion, tesoro, siamo in sala da pranzo, vieni », la voce di Jennie risuonò in tutta la casa.
Marion si tolse il cappotto ed entrò nella sala da pranzo, baciò i genitori e gli occhi le si illuminarono vedendo la tavola apparecchiata per la cena della vigilia di Natale.
« Che meraviglia! Ma dove sono tutti? »
« Eh! È quello che vorrei sapere anch’io. George puoi andare a chiamare ancora tutta la truppa?»
Il marito sospirò e uscì dalla stanza brontolando sotto voce.
« Allora Marion, com’è andato il lavoro oggi? »
« Bene mamma. Però devo dirti una cosa. Lo so che avevamo detto niente regali, ma non ce l’ho fatta, almeno per le nostre tre principesse », la ragazza estrasse da una borsa tre pacchi regalo.
« Non dovevi, lo sai», si sorrisero maliziosamente a vicenda.
« Lo so! »
Quello che non sapevano le due donne era che proprio quei regali avrebbero generato una serie di eventi drammatici.


3.
La cena della vigilia terminò con il rituale applauso di tutti i commensali alla cuoca, anche Sylvia la più piccolina, l’ultima nata in casa Sodder due anni prima, si unì al resto della famiglia, imitando i fratelli più grandi.
« Ogni volta mi fate diventare rossa ragazzi. »
« Ogni volta ti superi ai fornelli Ma! Mi passi ancora un po' di quelle patate al forno Louise? »
Louise sgranò gli occhi, sapendo tutto quello che aveva mangiato il fratello, ma ubbidiente si apprestò a prendere il piatto delle patate per allungarle a Maurice, « Fermo lì Louise, adesso basta mangiare, era tutto buonissimo d’accordo, ma Maurice non mi sembra il caso di strafogarsi in questo modo, gli avanzi li trasformerà domani tua madre in qualcosa di altrettanto delizioso e adesso tutti in piedi! Aiutatemi a sistemare mentre vostra madre porta Sylvia a letto, sono già le nove e mezza. Muoversi! »
Mezz’ora dopo la tavola era sparecchiata, la cucina più o meno in ordine, Sylvia si era addormentata e la madre era scesa a controllare la situazione.
« Tutto a posto cara. Però ora sono così stanco che vado direttamente a letto, chi mi segue? »
« Io Pa! », John sbadigliando salutò il resto dei fratelli con la mano mentre uno di loro si alzò dal gruppo per seguirlo, « Ehi aspettatemi, si stanno chiudendo gli occhi pure a me dalla stanchezza! », era George Jr. che da poco aveva cominciato a lavorare con suo padre e il fratello maggiore, ora che Joe se n’era andato da casa era John il più grande.
« Bravi i miei uomini, che nonostante abbiano lavorato tutto il giorno hanno aiutato anche in casa, riposatevi ragazzi. »
George baciò la moglie sulla bocca, mentre entrambi i ragazzi si lasciarono baciare dalla madre sulla guancia.
« Notte Ma! »
« Notte Ma! »
Solo allora Marion approfittò per mostrare i suoi pacchetti regalo alle sorelle. Martha, Jennie e Betty corsero verso di lei cercando di afferrarli.
« Ragazze calma! Prima di tutto cosa si dice? », le ragazze si fermarono, si scambiarono uno sguardo veloce e all’unisono urlarono: « GRAZIE! »
« Bene. Grazie e poi? », si guardarono ancora una volta e si organizzarono in una fila indiana in ordine di età, dalla più grande alla più piccola, come le aveva insegnato la sorella maggiore, una alla volta si avvicinarono a lei e le diedero un bacio, ad ogni bacio Marion consegnava un regalo. Le bambine lo scartarono velocemente e cominciarono a confrontare i propri giochi scambiandoseli, commentando, ridendo, fino a quando la madre richiamò la loro attenzione.
« Adesso però bimbe tutte a nanna che si sta facendo tardi anche per voi », le bambine tra lamenti generali mostrarono tutto il loro malcontento, Jennie e Betty fissarono Martha, per spingerla a dire qualcosa, lei recepì il messaggio non verbale.
« Mamma per favore solo per questa volta facci rimanere un po’ di più », Jennie e Betty come d’abitudine si unirono formando un coro: « Sì per favore mamma, ti prego, ti prego! »
La madre vide che Maurice e Louise stavano giocando a scacchi e decise di fare anche lei un regalo alle tre figliolette: « Va bene! State con i vostri fratelli, senza farli arrabbiare e tra un po’ tutti, ma proprio tutti a letto capito? Maurice? Louise? Posso contare su voi due? », i due ragazzi senza distogliere l’attenzione dalla loro scacchiera risposero distrattamente a Jennie:
« Sì Mamma ».
« Darete un’occhiata alle vostre sorelle mentre rimangono qui giù a giocare? »
« Sì Mamma », Maurice guardò la madre, le sorelle e poi tornò sul fratello, giusto in tempo per vederlo muovere il cavallo.
« Io e Marion adesso andiamo a dormire, voi potete rimanere qui, ma fate le brave, siete contente?», le bambine saltarono di gioia verso la madre, la abbracciarono e la baciarono.
« Va bene, va bene, ho capito! Andate adesso! »
Le bambine tornarono ai loro giochi, Jennie e Marion osservarono felici la scena, erano veramente le loro principesse.
« Ci vediamo domani ragazzi, a domani bambine! »
Jennie salendo le scale si voltò ancora una volta a guardare i suoi bellissimi figli, ognuno occupato con le sue cose, loro neppure si accorsero di quell’ultimo sguardo della madre. Ultimo perché “domani” sarebbe arrivato inevitabilmente come sempre, ma loro non si sarebbero rivisti mai più.


4.
Erano le 00:30 del 25 dicembre, il telefono stava suonando, Jennie in un primo momento pensò di averlo sognato, ma lo squillo era reale e la svegliò definitivamente, anche George al suo fianco si sedette sul letto interdetto da quel suono.
« Vado io George, ma chi può essere a quest’ora? », subito Jennie pensò fosse successo qualcosa a Joe e corse con il cuore in gola al piano terra.
« Pronto? », in un primo momento non rispose nessuno, si sentivano solo delle risa e della musica, rimase in ascolto alcuni secondi poi arrivò la voce di una donna: « Paul, sei tu Paul? Paul mi senti? », la donna stava ridendo.
« Signora qui non c’è nessun Paul. »
« Oh, mi scusi », altre risa, dei rumori che Jennie non riuscì a decifrare e infine la telefonata terminò, ancora con la cornetta in mano, Jennie rimase lì in piedi vicino al telefono senza capire bene perché, avevano semplicemente sbagliato numero, solo che per qualche strana ragione la voce di quella donna le aveva messo i brividi. Riattaccò il telefono e si accorse che le luci nella sala da pranzo erano accese e le tende non erano state abbassate, i suoi ragazzi dovevano essere veramente stanchi per essersene dimenticati e aver lasciato tutto così prima di andare a letto. La madre abbassò le tende e spense le luci, controllò la porta della soffitta, quella all’ultimo piano dove dormivano i figli più piccoli, era chiusa, mentre risaliva le scale pensò di andare a controllare se tutto andava bene, l’inquietudine che le aveva lasciato quella telefonata, non la faceva stare tranquilla, ogni cosa da quando aveva risposta al telefono le sembrava stranamente sbagliata. Arrivata alla porta della suo camera da letto, il marito la chiamò: « Cara chi era, tutto bene? Non farmi preoccupare », Jennie guardò ancora una volta la porta chiusa della soffitta e decise di tornare dal marito.
« Una donna che ha sbagliato numero. »
« Allora tutto apposto! Cos’è quella faccia? »
« Maurice e Louise hanno lasciato le luci accese e non hanno neppure abbassato le tende. »
« Capirai, i soliti scansafatiche, dai torna a letto Jennie,a proposito, buon Natale cara! », George la tirò vicino a sé sul letto e la baciò, si abbracciarono teneramente e tra le sue braccia Jennie si dimenticò di quelle insensate preoccupazioni, nel tepore di quell’abbraccio ritrovò la tranquillità, anche così mentre si stava addormentando, ripensò alle parole del marito, Maurice e Louise erano davvero due scansafatiche, ma non si erano mai dimenticati di abbassare le tende e tanto meno di spegnere le luci prima di andare a letto, pensava a questo e la stanchezza e il sonno la portarono via da ogni ulteriore riflessione.
1:00 del mattino del 25 di dicembre, Jennie si sveglia di soprassalto, George questa volta salta giù dal letto, li aveva svegliati un rumore violento. Sylvia nel lettino vicino al letto dei genitori, cominciò a piangere.
« Cos’è stato George! », la voce di Jennie si spense in un sussurro, mentre si affrettò a prendere in braccio la sua piccolina.
« Sembrava qualcosa che ha sbattuto sul tetto. Qualche ragazzaccio ubriaco in strada deve aver lanciato non so che! Cribbio che nottata, non c’è verso di poter dormire! »
Jennie rimase a cullare Sylvia mentre il marito tornò a letto.
1:30. Sylvia si era appena riaddormentata, Jennie ancora sveglia sente odore di bruciato, del fumo cominciò a entrare da sotto la porta.
« George svegliati, GEORGE! »
« JENNIE TI SEMBRA IL CASO DI URLARE! », la moglie senza parlare indicò al marito il fumo che entrava nella loro camera, George corse ad aprire la porta e il fuoco illuminò tutta la stanza.







5

Jennie si precipitò vicino a Sylvia mentre il marito senza perdere tempo cominciò a chiamare i figli urlando con tutta la sua forza: « RAGAZZI! RAGAZZI SVELTI FUORI DI CASA! RAGAZZI PRESTO! »

Jonh, George Jr e Marion corsero fuori dalle loro stanze ancora mezzi addormentati, ma le fiamme li riportarono velocemente alla realtà, corsero tutti nella stanza dei genitori, mentre Sylvia tra le braccia della madre aveva cominciato a piangere terrorizzata.
« Dobbiamo uscire di qua subito mi avete sentito bene? Le fiamme stanno divorando la casa, non ci rimane molto tempo, George tu prendi quelle coperte dal letto copri tua madre e le tue sorelle e portale giù immediatamente senza voltarti indietro per nessun motivo. Intesi? », George Jr di tutta risposta corse ad eseguire gli ordini del padre senza fiatare, mentre Jennie non smetteva di cullare Sylvia, prima di uscire dalla stanza resistette alla stretta del figlio fermandosi a guardare dritto negli occhi il marito: « Salvali per favore. Ti prego! Salvali!», e lasciò la stanza sorretta da George Jr mentre Marion sollevava la coperta sopra le loro teste.
George li vide allontanarsi, giù dalle scale, il volto violaceo dovuto al calore del fuoco ma causato anche da un sentimento di terrore crescente di stare per perdere qualcosa di immensamente importante. Jonh stava chiamando i fratelli: « Maurice, Louise », alla sua voce si unì quella del padre: « Martha, Jennie, Betty! MAURICE, LOUISE! ». Le fiamme stavano divorando ogni cosa intorno a loro, la scala che portava alla soffitta dove dormivano i 5 figli più giovani era l’unica scala di legno della casa e divampava ormai in ogni punto della sua superficie. « Papà dobbiamo andarcene, se rimaniamo qui non potremmo più uscire neppure noi. Guarda la scala! Anche se uscissero dalle loro stanze non riuscirebbero a scendere, l’unica possibilità è prendere la scala dal giardino e issarci fino alla soffitta dall’esterno! ». Il padre continuava a guardare le porte delle stanze che rimanevano socchiuse senza muoversi, mentre le fiamme voracemente le stavano raggiungendo. « Betty, Jennie, Martha, le mie piccoline, i miei ragazzi…».
Jonh afferrò il padre e lo trascinò letteralmente in giardino dove li stavano aspettando gli altri superstiti della famiglia. George non volle incrociare lo sguardo della  moglie che al vederli uscire soli quasi svenne tra le braccia di Marion che la sostenne forte, Sylvia non aveva smesso di piangere neppure tra le braccia di George Jr che la trotterellava nervosamente.
John corse con il padre in cerca della scala che sempre era appohggiata sulla parete nel retro della casa. Si fermarono bruscamente e senza accorgersene entrambi avevano smesso di respirare, il fiato gli si era bloccato nei polmoni e non per colpa del fumo.
La scala non c’era. Era scomparsa.




6

«Impossibile!», John non riusciva a credere ai suoi occhi, non capiva come qualcosa di tanto scontato e sicuro per lui, come la scala che aveva sempre visto nel giardino da quando era nato, in quel preciso momento potesse essere scomparsa nel nulla.
«Papà hai spostato la scala?»
«Stavo per farti la stessa domanda?», la voce di George era disperata, non appena terminò la frase si portò le mani alla testa e cominciò a piangere, John non aveva mai visto suo padre così e si spaventò ancora di più di quanto non lo fosse già.
I minuti stavano passando inesorabili e le fiamme stavano divorando la casa senza pietà.
«Papà il camion!», George guardò il figlio e senza aggiungere una parola entrambi si precipitarono correndo verso il camion dell’impresa famigliare con cui erano tornati a casa insieme la sera prima, lo avrebbero avvicinato alla casa e John era abbastanza agile e abbastanza alto per arrampicarsi sul tetto del mezzo e raggiungere la finestra della soffitta.
George ancora in pigiama, benedisse la sua abitudine al quanto pericolosa di lasciare sempre un paio di chiavi di scorta in uno scompartimento segreto del cruscotto, le trovò subito, le girò nel quadro e non successe niente.
Girò ancora. Nessun suono.
Il camion non dava segnali di vita.
Il camion non partiva.

7

Le sirene dei pompieri irruppero in tutto il quartiere svegliando e attirando la curiosità anche dei vicini più lontani.

Quando i vigili del fuoco finalmente arrivarono a casa Sodder, della casa ormai rimaneva ben poco. I Sodder superstiti aspettavano nel giardino, piangendo e urlando.

Gli idranti cominciarono il loro lavoro ma le fiamme non cedettero, la lotta si prolungò a lungo. George stava cercando di alzare la moglie inutilmente.

Finalmente alle prime luci dell’alba i pompieri vinsero quella estenuante battaglia, i vicini dei Sodder attirati dalle sirene, tornarono sommessamente alle loro case, scambiando qualche commento tra loro e contenti di non essere i protagonisti di quella disgrazia, di non essere George o Jennie.

I vigili del fuoco si preparano ad entrare nella casa, erano stati informati sin dall’inizio della presenza dei cinque bambini che non erano riusciti a scappare e da subito, non appena videro la situazione della casa in fiamme seppero che i 5 bambini dovevano già essere morti.

Jennie si alzò improvvisamente e cominciò a correre verso di loro, che la fermarono prontamente.

« Lasciatemi entrare, devo entrare, devo vederli … I miei bambini … I miei bambini …»

« Signora per favore è il nostro lavoro, la casa in questo momento è in condizioni precarie.»

Il capo dei pompieri continuava a trattenere Jennie che stava spingendo sempre più forte per varcare la porta e correre in soffitta, allora l’uomo alzò lo sguardo in cerca di George, chiedendogli silenziosamente aiuto in quella situazione, ma George sotto lo sguardo del vigile cadde in ginocchio e con lo sguardo fisso su quel che rimaneva della casa cominciò a singhiozzare, allora Johh che fino a quel momento era stato vicino ai fratelli per cercare di tranquillizzarli, lasciò la mano di Marion e corse verso la madre.

« Mamma per favore, vieni, vieni con me, guarda Sylvia ha bisogno di te, ci abbiamo provato ma nessuno di noi riesce a calmarla.»

« Sylvia … -, si voltò verso la sua piccola che George Jr teneva dolcemente in braccio, mentre lei continuava a piangere senza pace.»

« I miei bambini … -, questa volta si voltò verso la casa, ma prontamente John la tirò a sé e lei si lasciò cadere fra le sue braccia.»

Morris, il capo dei pompieri, adesso libero, guardò i suoi colleghi ed entrò.

« Andiamo, seguitemi.»

Come prima cosa controllarono lo stato della scala che sembrava potesse reggere il peso di una sola persona, così Morris prese l’iniziativa e si diresse prontamente verso la camere dei cinque bambini, quando varcò la soglia trattenne involontariamente il respiro, si era preparato per vedere il corpo carbonizzato di 5 piccoli cadaveri. Quando riprese fiato non credeva ai suoi occhi, nei cinque letti non c’era nessun cadavere, si tolse il casco di protezione e si avvicinò ai lettini, solo polvere, polvere che ricopriva ogni centimetro della stanza.

Forse …

Morris scese le scale, non c’era altro da vedere.

Sicuramente. Non c’era altra spiegazione.




8
Morrison tornò dai Sodder con lo sguardo addolorato, si avvicinò a George scuotendo la testa, senza riuscire a guardarlo negli occhi, si fermò davanti a lui: «Mi dispiace». George si girò verso Jennie, lei non aveva visto arrivare Morrison, era occupata a dondolare Sylvia tra le sue braccia, che finalmente sembrava essersi tranquillizata, intorno a lei John, George Jr e Marion si stavano tenendo per mando, cercando di darsi forza a vicenda.
«Se vuole parlo io con sua moglie», Morrison disse quelle parole più per compassione che per convinzione e non appena le pronunciò si accorse vigliaccamente che non ce l’avrebbe fatta a soppertare il dolore di quella donna. George senza rispondere al capo dei vigili del fuoco, probabilmente senza neppure aver sentito quelle ultime parole, si allontanò da lui per avvicinarsi a Jennie, la donna quando vide gli occhi del marito si rese conto di quello che il suo cuore aveva coveto per tutto quel tempo, la consapevolezza di aver perduto la sua vita, i suoi bambini erano morti bruciati vivi, quel pensiero esplose dentro la sua testa, vedeva il viso delle sue principesse Jennie e Betty… la piccola dolce Betty. Vide Martha mentre cercava di proteggere le sue sorelline e vide i suoi due omini, i suoi sbadati e inseparabili dormiglioni, Maurice e Louis svegliarsi di soprassalto quando ormai era troppo tardi, li vide tutte e cinque mentre le fiamme senza pietà stavano divorando i loro corpi. Sentì le loro grida, guardò le loro lacrime cadere. Rivisse ogni drammatico secondo nella sua testa, perchè li aveva abbandonati al loro destino, lei avrebbe dovuto asciugare quelle lacrime, placare quelle grida e ora i suoi piccoli non c’erano più. Se n’erano andati per sempre.
Stava impazzendo, doveva vederli un’ultima volta, non le importava la condizione dei loro corpi, doveva farlo. Quando George fu abbastanza vicino, gli allungò Sylvia e mentre lui era occupata a stringerla tra le sue braccia, Jennie en approfittò per correre dentro la casa.
«Mamma!», John fu il primo ad accorgersi di quello che stava succedendo.
«Jennie! NO!», la voce di George, spaventò Sylvia che ricominciò a gridare di terrore.
Jennie schivò i pompieri che sorpresi cercarono di fermarla, camminò velocemente sulle scale ed entrò nella soffitta. Era tutto semibruciato. Si guardò intorno perplessa, si avvicinò a ciò che rimaneva dei letti, li passò uno a uno e quando arrivò all’ultimo, le gambe le cedettero, svenne.
Non è possibile, non è possibile, non è possibile, non è possibile, non è possibile...”, il suo ultimo pensiero prima di perdere i sensi.





9.


Nella stanza dei bambini non era stato ritrovato nessun corpo, nessun resto. Morrison trovò Jennie priva di sensi vicino ad uno dei lettini, subito dietro di lui arrivarono George e il resto della famiglia. Anche loro come la donna si guardarono intorno dapprima spaventati e poi smarriti.
Morrison cercò di sollevare Jennie, mentre dentro di sé inseguiva le parole più adatte per parlare a tutti i presenti.
« Signora mi sente? Signora? », la voce di Morrison era quasi un sussurro , ma quando Jennie cominciò a riaprire lentamente gli occhi, si schiarì la gola e cercò di rivolgersi a tutti i presenti con sicurezza e decisione, « non so cosa aspettavate di trovare qui, ma evidentemente la violenza delle fiamme ha raggiunto un grado così elevato da incenerire i corp », in quell’istante il capo dei vigili del fuoco si morse la lingua.
« Comunque adesso è meglio per tutti scendere non contaminare lo scenario della mort...», era troppo difficile mantenere una conversazione del genere, gli occhi della madre, rossi come il sangue erano puntati su di lui e non poteva sostenere quello sguardo.
« Dobbiamo lasciare la casa esattamente com’è ora, la scientifica verrà il prima possibile per esaminare quanto è accaduto, ma secondo un primo studio effettuato da noi, tutto sarebbe derivato da un corto circuito dell’impianto elettrico generale, che ha dato il via all’incendio. »
Mentre Morrison stava parlando John si avvicinò alla madre e aiutò a farla uscire dalla stanza.
Stavano già scendendo le scale.
Nessuno si accorse che George Jr rimase ancora dentro quella che era stata l’abitazione dei suoi fratelli, pensieri strani gli attanagliavano tutto il corpo, privandolo della forza del movimento.
“ Dove sono i corpi? Dove siete finiti ragazzi? Inceneriti dalla forza delle fiamme? Ma allora perché la maggior parte della stanza è praticamente distrutta ma comunque visibile? Cortocircuito? Qualcosa non va, non capisco cosa, ma so che non può essere stato un cortocircuito. ”
Finalmente si decise ad uscire in giardino con gli altri che si stavano stringendo attorno a Jennie, piangendo in silenzio, fu allora che George Jr, si voltò ancora un’ultima volta verso la casa e trovò quello che gli mancava per svincolare quel pensiero incastrato tra ricordi confusi di quella notte maledetta.
« LE LUCI DI NATALE! » Gridò.
Tutti i presenti si girarono verso di lui.




10.
Il 30 Dicembre i 5 piccoli Sodder furono dichiarati morti, con l’emissione ufficiale del loro certificato e il 2 gennaio 1946 si celebrò il funerale, Jennie e George si chiusero nel loro dolore, rifiutandosi di accompagnare in quel loro ultimo viaggio, ciò che in realtà non c’era, visto che le bare erano vuote. John, George jr e Marion rappresentarono la loro famiglia durante le celebrazioni funebri.
La tragedia della famiglia Sodder a
veva commosso l’opinione pubblica e al funerale si presentarono tutti gli abitanti della zona e altre persone che nonostante la distanza, vollero essere presenti al funerale di quei 5 piccoli angeli che le fiamme avevano divorato vivi.
I fratelli maggiori superstiti tornarono a casa stanchi di tante condoglianze e George Jr. non smetteva di stringere forte le mani, fino a quando uno sconosciuto gli si avvicinò e le sussurrò qualcosa all’orecchio, prima di dileguarsi nella folla.
« Ecco cosa succede ai comunisti! Mussolini non si tocca! Viva il Duce! »
George Jr. diventò pallido, Marion lo notò e si avvicinò al fratello.
« George cosa succede? Cosa voleva quell’uomo? »
« Io l’avevo detto Marion, non poteva essere stato un cortocircuito, le luci di natale funzionavano quando cominciò l’incendio, la telefonata strana che ricevette mamma, la scala scomparsa, il camion fuori uso, troppe coincidenze. »
« George cosa ti ha detto quell’uomo? »
« Che le coincidenze non esistono. »




11.


George Jr raccontò ai genitori dello sconosciuto e delle sue parole, la rabbia e il dolore si alternavano dentro di lui, gli occhi dei suoi genitori mentre lui parlava confermavano che anche loro non avevano mai pensato che fosse potuto essere un incidente.

Quando sua madre si alzò per avvicinarsi alla finestra, tutti la fissarono, avevano paura che quelle rivelazioni potessero essere troppo dure per lei, ma quando lei cominciò a parlare, le sue parole lasciarono senza fiato tutti i presenti.

« I corpi, dove sono i corpi dei miei bambini? E non venite a dirmi che si sono inceneriti con le fiamme. Se i mobili della stanza non sono stati completamente inceneriti, com’è possibile che dei corpi umani sì. Io sono sua madre e quando sono entrata in quella maledetta stanza è nata in me una consapevolezza che non ho voluto ascoltare fino ad oggi. Mi sembrava di diventare matta. »

Jennie smise di guardare fuori dalla finestra, si girò verso la sua famiglia, stava piangendo.

« Ce li hanno portati via… I miei bambini non sono morti. »




12

Troppe cose erano rimaste senza una spiegazione e con il passare dei mesi l’investigazione officiale si andava raffreddando inesorabilmente. Il cortocircuito rimaneva l’unica ipotesi possibile, vero che parte delle luci della casa funzionavano ancora quando l’incendio divampò, le forze dell’ordine sostenevano che la corrente fosse saltata solo in una parte della casa. La scala che per tanti anni non era mai stata spostata dal giardino era stata ritrovata abbandonata in una strada, poco distante da casa Sodder, i cavi del telefono erano stati tagliati e al camion avevano rubato fino all’ultima goccia di carburante, questi tre ultimi fatti, potevano essere tranquillamente tutti collegati fra loro ed essere catalogati come bravate commesse da un gruppo di ragazzi annoiati, ma non per forza dovevano allacciarsi al cortocircuito, una coincidenza ed un evento fortuito che aveva provocato il fatidico incendio.
La polizia stessa, inoltre era stata informata da un assicuratore, il quale alcuni mesi prima della tragedia aveva visitato casa Sodder per cercare di contrattare un’assicurazione sulla casa, lui stesso aveva visto e avvertito il signor Sodder che alcuni fusibili della casa in malo stato avrebbero potuto scatenare un incendio, George non fece caso alle parole dell’uomo tanto che non volle assolutamente contrattare niente con quell’assicuratore.
La polizia indagò tutte le piste possibile senza arrivare a nulla di concreto e l’ipotesi dei Sodder sulla possibilità di un incendio doloso e di un rapimento dei cinque bambini, rimase solo il divagare speranzoso di una famiglia rotta dal dolore che non sapeva accettare la morte dei propri figli.
Il caso fu chiuso.
Le indagini della famiglia Sodder continuarono privatamente. Stamparono volantini con le foto dei cinque piccoli Sodder e dove una volta sorgeva la vecchia casa Sodder avevano costruito un muro dove venne affisso un cartellone con le stesse foto e offrendo una ricompensa di 10000 dollari in cambio di informazioni che avessero aiutato a trovare anche uno solo dei loro figli scomparsi.
Nel 1952, sei anni dopo il loro funerale, Ida Crutchfield, proprietaria di un hotel di Charleston chiamò la famiglia Sodder, aveva visto i loro figli accompagnati da due uomini e due donne proprio nel suo Hotel.
George prese la macchina e partì per Charleston.




13.
George parlò con Ida Crutchfield, la donna sosteneva che chi accompagnava quelli che per lei erano i piccoli Sodder scomparsi, comunicavano tra di loro in italiano, lei stessa cercò di parlare con la bambina più piccola, ma subito i presunti genitori la allontanarono bruscamente dalla reception, pagarono il conto e se ne andarono senza aggiungere nulla, rimasero nel suo hotel solo una notte.
Ida si scusò per aver aspettato cinque anni per fare quella telefonata, ma non voleva mettersi contro qualche mafioso italiano, aveva solo quel piccolo hotel e non desiderava problemi, da quel giorno il rimorso non l’aveva abbandonata neanche per un giorno, tormentandola. Aveva capito che non avrebbe avuto pace se non avesse fatto la telefonata che avrebbe dovuto fare 5 anni prima.
George non sapeva cosa pensare, era passato troppo tempo e quelle informazioni non l’avrebbero portato a nulla, non sarebbero servite a ritrovare i suoi bambini. Ida semplicemente aveva deciso che era arrivato il momento di liberarsi del suo tormento passandolo a lui, oppure semplicemente era una donna annoiata, che aveva visto gli annunci della sua famiglia e a cui era venuta voglia di un po’ di visibilità o ancora più semplicemente una pazza visionaria.
Questo era il vero dolore, forte e insopportabile. Il dubbio che i suoi figli potessero essere là fuori da qualche parte, probabilmente bisognosi di aiuto o forse no e che lui non avrebbe potuto fare nulla per loro e avrebbe dovuto vivere il resto dei suoi giorni affrontando quella ossessione.
Tornò a casa, quando entrò cominciò a piangere, Jennie lo stava aspettando e alla vista delle sue lacrime, gli si avvicino, lo guardò negli occhi e senza toccarlo o abbracciarlo, gli sussurrò all’orecchio: « Non togliermi la speranza George, mi toglieresti la vita », si girò e senza aggiungere altro si mise di fronte ad una delle finestre del suo nuovo salone.
Guardava fuori, stava aspettando il ritorno dei suoi bambini, ne sarebbero tornati quattro quel giorno, Marion, John, Georg jr e Sylvia, il suo primogenito Joe si era già costruito una famiglia tutta sua, ma lei avrebbe continuato ad aspettare anche Maurice, Luise e le sue principessine, Martha, Jennie e Betty, affacciata a quella finestra dentro un vestito nero, per il resto della sua vita.

FINE






     


Nessun commento:

Posta un commento